Le esportazioni di petrolio russo continuano a diminuire. Ma nel lungo periodo, a rimetterci potrebbe essere soltanto l’Ue.
Nonostante la rinuncia al mercato europeo sia costata tantissimo a Mosca, c’è anche da dire che Putin sta lentamente iniziando a trovare dei nuovi compratori per il petrolio russo, trovando in particolar modo la disponibilità della Cina, che si era già impegnata mesi fa con la Russia, a raddoppiare le sue quote di acquisto.
Sicuramente, lo scontro iniziato con la guerra in Ucraina, e l’embargo lanciato dall’Occidente contro il petrolio russo, hanno definitivamente spostato gli equilibri da un punto di vista geopolitico.
E difatti tra Hong Kong e l’Arabia Saudita sono nate delle nuove società di trading che si propongono adesso di sostituire gradualmente i colossi del settore. Non è detto che questo accadrà, ma la sensazione è che lo scontro tra Putin e l’Occidente abbia accelerato il processo di crescita di superpotenze come la Cina.
Anche perché, se negli Usa e all’interno dell’Unione Europea ai trader è stato impedito di continuare i loro rapporti commerciali con i russi, bisogna anche considerare che la loro eredità è stata subito raccolto da queste nuove società che attualmente stanno già testando più della metà delle esportazione del greggio russo fuori la nazione.
Al momento, il petrolio di Mosca viene trasportato da compagnie di navigazione con sede in Cina, negli Emirati Arabi, ma anche in India. Insomma, fuori dall’Europa nessuno si sta lasciando sfuggire l’opportunità di commerciare il petrolio russo.
Non è detto però che questo basterà per calmierare la crisi che sta attraversando la Russia. Al momento le esportazioni totali, a causa dell’embargo, sono crollate di circa 600 mila barili, e si tratta del livello più basso raggiunto negli ultimi due anni.
Il vero problema per Putin è che non ci sono sufficienti infrastrutture per trasportare il greggio a paesi come la Cina in grandi quantità. la Russia dovrà costruire nuovi sistemi di transito per il gas verso oriente, e questo richiede tempo.
La sensazione però è che tutto sommato Mosca possa comunque sopportare il calo delle esportazioni, mentre non è scontato che l’Unione Europea riuscirà al contempo a compensare la sua domanda energetica.
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