Il prezzo degli oli vegetali non smette di salire, e difficilmente il prossimo anno le cose miglioreranno.
Non si fermano i rincari che stanno colpendo in Occidente gli oli vegetali. Gli ultimi dati diffusi da Food Navigatore raccontano infatti di un aumento del costo medio dell’olio di oliva del 120 per cento rispetto all’anno scorso.
Un incremento assurdo, dovuto principalmente, ma non solo, alla siccità che nei mesi scorsi ha investito frontalmente due dei principali paesi produttori dell’olio di oliva, Spagna e Italia. Ma il vero problema è che al momento, non si vedono segnalino che lascino pensare che il prossimo anno la situazione migliorerà.
Anche perché, proprio a causa della siccità, la produzione rispetto al 2021, risulta praticamente dimezzata. Nel 2022 infatti, sono stati prodotti e immessi sul mercato circa 600 mila tonnellate di olio, con il milione e mezzo di tonnellate dell’anno precedente.
Questo significa che l’olio sarà un prodotto ancora più raro per il prossimo inverno, e il suo prezzo è dunque destinato a salire ancora. L’unica notizia positiva in tal senso, è che nel momento in cui il prezzo dell’olio di oliva è iniziato ad andare fuori controllo, tantissime aziende di questo settore hanno iniziato a fare scorta di tutti i suoi possibili sostituti, come l’olio di mais o di semi di girasole.
Ed è questo il motivo per cui per questi oli, non si dovrebbero registrare grandi aumenti il prossimo anno. Sull’olio di semi di girasole andrebbe fatto un capitolo a parte, perchè al momento l’Ucraina è il maggior esportatore di questo prodotto nel mondo, e con il conflitto interno ancora in corso, nessuno sa cosa accadrà a questo prodotto e per quanto tempo la nazione guidata da Zelensky riuscirà a garantirne la produzione, che difatti è già diminuita sensibilmente.
Al momento, gli esperti stimano che il prossimo anno, l’Ucraina riuscirà a garantire una produzione di olio di semi di poco più di 12 milioni di tonnellate.
Ma bisogna però precisare che questa stima non considera dei possibili rallentamenti nei lavori di riparazione della diga di Kakhovka distrutta dai russi, che ha oltretutto distrutto migliaia di ettari di raccolto. Anche perché, non sono ancora chiare tutte le conseguenze derivanti dalla decisione di Mosca delle scorse settimane di annullare l’accordo stretto con Zelenesky per il trasporto di cereali e grano sul Mar Nero.
Un’intesa che l’anno scorso era stata fondamentale per evitare che la produzione crollasse d’improvviso, e che adesso invece è stata annullata in modo repentino da Putin. E infatti, a pochissimi tempo di distanza dall’ufficialità di questa decisione presa dalla Russia, il prezzo del grano ha iniziato a salire di nuovo.
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