L’America ha deciso di varare dei nuovi divieti sugli investimenti delle aziende Usa in Cina nel campo dei semiconduttori.
La guerra tecnologica tra la Cina e gli Stati Uniti continua. È di questi giorni la notizia di un nuovo ordine esecutivo firmato da Biden che introduce dei nuovi divieti e limitazioni per quanto riguarda tutti gli investimenti Usa in Cina che interessano il reparto dei semiconduttori.
Restrizioni che il governo americano ha giustificando spiegando come vi sia la necessità di mettere un freno e controllare tutte quelle tecnologie che possono rivelarsi pericolose per la sicurezza della nazione.
Come ha spiegato il Dipartimento del Tesoro Americano nel comunicato con cui ha annunciato il nuovo ordine esecutivo, da adesso in poi, tutte le aziende che vogliono investire in Cina in questi settori strategici, dovranno chiedere un’apposita valutazione all’amministrazione Usa prima di procedere.
In ogni caso, la giustificazione addotta dai vertici Usa per questo provvedimento non convince molti analisti. Alcuni ritengono infatti che dietro una decisione così forte, ci sia in primo luogo non la necessità di difendere la sicurezza nazionale del paese, quanto piuttosto limitare la crescita della Cina in questi settori.
D’altronde si tratta di un ordine esecutivo che arriva in un momento molto delicato. Con la crisi che colpito Taiwan, la crisi dei chip è infatti degenerata fino a diventare un problema per la produzione globale.
La nazione infatti, che da decenni è il fulcro della produzione nel mondo dei semiconduttori, ha visto crollare la domanda, come mai era accaduto negli ultimi quindici anni. Anche se va detto, e non è certo un particolare da poco, che i problemi per Taiwan sono iniziati proprio a causa del calo improvviso delle richieste che arrivavano dagli Usa. Una crisi che naturalmente sta preoccupando fortemente il vecchio continente.
Ed è questo il motivo per cui nei mesi scorsi l’Unione Europea ha deciso di varare L’European Chips Act. Un nuovo piano industriale il cui primo scopo è quelli di aumentare la produzione dei semiconduttori su territorio europeo. La maggior parte di queste componenti infatti, l’Ue è abituata a importarli, e soltanto il 10 per cento della domanda complessiva, viene coperta dalla produzione europea.
Percentuali bassissime che hanno convinto i vertici di Bruxelles che fosse invece ora di potenziare la produzione sul territorio europeo.
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