La guerra dei chip tra Stati Uniti e Cina, è iniziata lo scorso anno, e il vero terreno di scontro resta il Taiwan.
La guerra dei chip tra Stati Uniti e Cina non si ferma. Non si fermano le pressioni diplomatiche agli alleati da parte dell’America, per introdurre norme più stringenti che limitino il trasferimento tecnologie troppo avanzate alla cine e naturalmente, di semiconduttori, vero ago di bilancia di questo scontro.
La loro carenza sta mettendo in forte difficoltà l’intera industria tecnologia, e risulta ormai chiaro che lo scontro geopolitico sarà deciso in tal senso, dalla superpotenza che riuscirà ad assicurarsi una loro produzione continua.
Per questo gli Stati Uniti hanno fin dal principio guardato con preoccupazione al nuovo piano di sviluppo industriale della Cina, che prevede in pochi anni, di mettersi in proprio per la produzione dei componenti primari, tra cui i semiconduttori, indispensabili allo sviluppo di dispositivi tecnologici come gli smartphone e i computer.
La linea da seguire sembra essere la stessa espressa lo scorso anno da Gina Raimondo, che ricopre il ruolo di Segretaria del Commercio negli USA. La politica americana ha infatti ribadito come gli Stati Uniti si aspettino un maggior supporto degli alleati storici sul tema, e dunque, inizino anch’essi a introdurre divieti e limitazioni verso il governo di Pechino.
In tal senso, l’America non si sta rivolgendo in questo suo monito all’Europa, ma a paesi come il Giappone, la Corea del Sud e, la più importante di tutte, Taiwan. Si perchè Taiwan può essere considerata al momento il centro di produzione più grande al mondo, per estensione e volume, di semiconduttori.
Negli ultimi, il governo di Pechino ha intensificato i rapporti diplomatici con la nazione, ed è questo che preoccupa particolarmente l’America.
Al momento infatti, non esiste paragone tra le aziende cinesi e quelle coreane e taiwanesi sullo sviluppo di semiconduttori, ma questa partnership potrebbero accrescere di molto le competenze tecnologiche di Pechino sul tema, e dunque accelerare il suo processo interno di produzione e sviluppo.
Gli Usa dal canto loro hanno pubblicato lo scorso anno una profonda revisione delle politiche commerciale sui semiconduttori, che ha di fatto, tagliato fuori la Cina dal commercio americano nel settore. Infatti oggi, un’impresa americana, se vuole esportare e inviare dispositivi tecnologici in Cina, deve chiedere un’esplicita autorizzazione al governo centrale se ad esempio si tratta di macchinari necessari alla fabbricazione di semiconduttori.
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